venerdì 27 febbraio 2015

Salami

Questa è una delle due sfide maggiori dei norcini: salami e prosciutti. Si perchè questi due prodotti temono tantissimi fattori di variabilità che potrebbe rovinare il prodotto finale, tanto da doverlo buttare. Ma se riuscite nell'impresa, sarà una soddisfazione unica.

INGREDIENTI:
  1. lonze, prosciutti
  2. sale
  3.  pepe
  4. aglio
  5. budello da salame (ammollati almeno 3-4 ore prima in acqua tiepida e aceto)
  6. vino nero
  7. lardo e grasso di maiale (30 % del magro) 

ESECUZIONE
Per la tagliata
Ripulire le carni da ogni cartilagine. Macinare a taglio medio.  
Aggiungere l'aglio 2 gr/kg, naturale o in polvere (se naturale macinare con la carne, o meglio ancora, frullarlo con un po di vino)
Per la parte grassa (preferibilmente del lardo) ci sono due scelte:
1- se si vuole ottenere un salame a grana fina, tipo il milanese, si macina il grasso assieme alla carne
2- se si vuole ottenere un salame a grana grossa, detto anche a lardello, il grasso va tagliato a mano in cubetti non più grandi di 1 cm di lato, e poi si miscela alla parte magra già macinata.
Disporre su vasca o un bel piano, aggiungere vino nero  (1 bicchiere ogni 2.5 kg di carne).
Aggiungere sale fino (30 gr/kg, ma si consiglia un max di 22/23) e pepe macinato (5 gr/kg, metà macinato, metà a grani interi).
Assaggiare mano a mano che aggiungete. Miscelare il tutto accuratamente senza ammaccare la carne. Far riposare un po.
Per l’insaccamento
Usare delle budella apposite per i salami (di norma di usano budelli bovini, più grandi del normale. Consiglio di non usare quelli giganteschi se non si hanno esperienza e ambienti di essicazione più che perfetti. Richiedeste di avere la formazione di buchi d'aria dentro il salame, che a breve irrancidirebbe rendendo il prodotto inutilizzabile) 
Riempire le budella assestando la carne dentro di esso, legare e bucherellare molto bene il budello con gli aghi. Appendere per 1/2 giorni a 20°. Indi appenderli a 10/16 °, in locale areato (max 70% di umidità) dai 30 giorni in su. Ogni tanto consiglio di passare con un canovaccio per togliere le muffe che si formano, e comprimere i salami per assestare le carni all'interno (questo solo i primissimi giorni).
Mediamente dopo 15 giorni si possono mettere sotto cenere se si vuole provare questa variante. Nel caso raccogliete della cenere esclusivamente di quercia, su cui non avete bruciato altro che legno, e da cui avete tolto i pezzetti di carbone che potrebbero essere presenti.
Raggiunta la secchezza voluta, si possono mettere nei sacchetti sottovuoto.
Se cominciano a presentare muffe bianche o verdi, sono la ricchezza dei salami, ma anche indice che gira poca aria. Areare spesso il locale per togliere l'umidità, ma non esponete i salami a correnti d'aria. Troppa aria, soprattutto all'inizio della stagionatura, provoca un indurimento della superficie, e di conseguenza la formazione di buchi all'interno del salame che lo guasteranno.

Le dimensioni finali saranno quelle di un cacciatorino.

Versione piccante

A molti piacciono i salamini piccanti, chiamati anche salsicce napoletane e in altri modi.
Questi poi possono essere consumati tal quali o usati per essere messi, affettati, su una bella pizza.
Per preparare questa versione si sostituisce il pepe nero con peperoncino macinato finissimo, nel quantitativo di 8 grammi per kg di carne. Miscelare perfettamente e a lungo il composto, onde evitare "sacche" di peperoncino. Inoltre per questa versione consiglio la macinatura fina del grasso, e non a cubetti.

Pancetta

La pancetta del maiale. Fonte di delizia e di infinite ricette e consumi. Con una altrettanto infinita variabilità di preparazione.
Qui vedremo le due più classiche, con dei riporti ad altre versioni.

LA BASE
Prendere delle pancette da salata. Si usa la parte anteriore dell'addome, quella con la maggior presenza di venature magre. In zona la chiamiamo "rigatino", perchè sono evidentissimi i fasci muscolari immersi nel grasso.
La pezza deve avere la sua cotica naturale.
Si rifila, e si massaggia la parte con la cotica con del sale grosso mischiato con un po di quello fino ( a meno di preparare del sale grosso a granatura di circa la metà di quello commerciale).
Poi si rovescia ponendolo sul supporto da salata (piano di canne o superficie intera, ma in posizione inclinata per la scolatura dei liquidi che si formeranno per l'infiltrazione del sale).
Si mettono delle fettine di aglio ogni 6/8 cm circa, poi si mette una spolverata di pepe, e si copre con del sale grosso, facendo attenzione che tutta a superficie sia coperta.
Si tengono a 15 ° C circa, per 5 giorni (4 se si vuole più dolce). Finito il tempo si toglie il sale e si lava la pezza con del vino. E da qui si parte con tutte le variabili possibili

Pancetta dolce tesa
La pezza viene ricoperta di pepe, e appesa con dei ganci in un ambiente sui 10/15 °C, umidità 60 %, con frequenti ricambi di aria ma non sotto corrente diretta e continua.
Dopo circa 20/30 giorni (controllare la consistenza a mano), la pezza è pronta per essere usata o tagliata a pezzi e messa in sacchetti sottovuoto.

Pancetta piccante tesa
Tutto come sopra, ma al posto del pepe si mette abbondante peperoncino macinato finissimo.

Pancetta arrotolata.
Una volta cosparsa di pepe la pezza viene arrotolata su se stessa e legata stretta con dello spago, e usando se l'abbiamo, della rete elastica.

Pancetta tipo Bacon.
La salatura in questo caso può essere più breve, 2/3 giorni, dato che l'affumicatura è già un conservante di per se. Dopo la salatura, la pezza viene posta appesa in un affumicatoio, e lasciata li per qualche ora secondo i risultati voluti e cercati.
L'affumicatoio è un attrezzo in cui il fuoco, di solo brace, di norma di quercia o faggio, (di norma vengono usati segatura o piccoli pezzi), è in una camera separata da quella di affumicatura. Quindi il fumo viene deviato/canalizzato verso le pezze di carne, e si lascia che vengano avvolte da questo. Il fumo deve arrivare quasi freddo, e le pezze non devono scaldarsi col fuoco.
Il sistema più antico era una specie di buca rettangolare in un muro, dove in basso veniva tenuta la brace. Poco sopra c'era una intercapedine, tipo un piano fatto con dei tavelloni, e sopra c'era la camera dove venivano appese le pezze. Il fumo prodotto risalendo invadeva la camera di affumicatura, ma ormai raffreddato, e ricopriva le pezze. Con questo sistema si possono fare tanti pezzi diversi di carne (costine, stinchi etc). Una volta era un metodo di conservazione alternativo all'uso del sale, oggi è più un metodo per avere carni per usi diversi. Tanto per citarne il più famoso è l'Eggs and Bacon, di origine inglese. Pancetta affumicata tagliata a fette fine e abbrustolite, con contorno di uova strapazzate.

Usi classici delle pancette nostrane (tesa o arrotolata)
Si possono usare come:
- battuto ricco per sughi,
- a cubetti per sostituire il guanciale per la preparazione dell'amatriciana
- naturale e a crudo, come affettato da mangiare nei panini
- fettine distese sopra bruschette a cui si aggiunge una goccia di miele
- per coprire delle ariste prima di essere messe al forno, volendo aggiungere i sapori di preparazione della pancetta.
- e mille e mille altri usi  



Lombetto e capocollo

E ora parliamo di due squisitezze salate, altrettanto tipiche.
Il lombetto e il capocollo (detto anche scalmarita), derivante dal fascio muscolare che cominciando dal collo finisce in zona lombare e che affianca la colonna vertebrale del maiale. Il lombo o lonza è la parte tutta magra che finisce vicino alle vertebre cervicali, e il capocollo invece raggiunge la testa.
La differenza sostanziale è che il capocollo è ampiamente venato di grasso, mentre la lonza è tutta magra. In condizione fresche, mentre il capocollo viene fatto a fettine e arrostito, la lonza viene tagliata assieme a vertebra e un pezzo di costina per fare le braciole (dette anche nodini), con o senza filetto, fino alla fine dell'area toracica, mentre viene usato a blocchetti nella zona addominale per fare ariste. Tutte rigorosamente al forno o alla brace. Piccola nota: provate a fare un'arista usando il capocollo, avrete un risultato di morbidezza e sapore come pochi.
E ora vediamo le versioni salate e conservate come salumi.
La lonza e il capocollo devono essere raffilati. Mettere delle piccole fettine d'aglio lungo le superfici, distanti circa 6/8 cm l'una dall'altra. Spolverare con un po di pepe macinato. Coprire con uno strato leggero di sale grosso, su tutto il pezzo. Mettere su un supporto dove possa scolare l'acqua che produrrà a causa dell'infiltrazione del sale. Normalmente si usano o delle canne, oppure una superficie piana inclinata, poste su un contenitore capace di raccogliere e convogliare via i liquidi.
Tenere il tutto al fresco per tre giorni circa (il capocollo date le doppie dimensioni di struttura, anche quattro).
Passato il tempo togliere il sale e lavare le pezze con del vino.
Tagliarle a dimensioni di consumo secondo usi e costumi.

LOMBETTO
Il nome lombetto deriva dal fatto che il pezzo è solo una parte della lonza.

Lombetto sott'olio.
Questo può essere conservato semplicemente fatto a fette di meno di 1 cm di spessore, e messo in un barattolo di vetro dove è già presente dell'olio. Si riempe fino alla curvatura e si finisce di coprire con l'olio. In teoria si possono usare tutti i tipi di olio, in commercio di norma usano il girasole, che non rilascia sapori e costa poco, ma un buon lombetto sott'olio sarà meraviglioso se si usa olio di oliva ben fruttato e saporito. Di norma è bene attendere almeno un mese prima del consumo, ma solo per farlo insaporire bene. Si mangia tirando fuori le fette, scolandole, e associandole a insalate primaverili, soprattutto con erbette di campo amare, i cosiddetti "grespignoli", valeriana, bocche di leone. Non male associarci degli aglietti tritati fini o cipolle rosse tipo Tropea o Cannara (i due regni delle cipolle migliori d'Italia). Nota: gli aglietti sono le piantine giovani di aglio, che ancora non hanno formato il bulbo. Si usa l'intera pianta, tritandola finemente. Ha il tipico sapore di aglio, ma non cosi forte come l'aglio a speccie, ne col "dramma" del rinfaccio.

Lombetto salato
Una volta lavate nel vino e asciugate, si cospargono con un po di pepe macinato.
Esistono appositi "fazzoletti", normalmente formati da budelli aperti e accoppiati, che vanno ammollati nel vino, e distesi su un piano. Qui sopra deve essere posto il pezzo di lombo.
Una variante molto in uso, è mettere prima delle bucce di arancia polposa, fatte a quadratini o a giulienne, senza esagerare nel quantitativo. Una volta pronti, si arrotola il fazzoletto sul pezzo.
Qui si può decidere due modalità di legatura. O si lascia il solo fazzoletto, e si mette una rete da lonze intorno, oppure si prende un foglio di carta per alimenti, si impacca il tutto, e poi con dello spago, il pezzo viene legato facendo un giro di spago ogni due centimetri circa, e si usa lo stesso per fare un cappio per appendere ad asciugare. Quale preferire? Sinceramente non ho trovato differenze sostanziali. Con la rete, il "fazzoletto" rimane sempre adeso, dato che essendo elastica, quanta si stringe man mano che il pezzo asciuga. Con la carta pian piano si creerà una spazio tra pezzo e incarto, ma non si sciupa ne acquista nulla nel sapore. Diciamo che questa è la modalità antica, quando non esistevano le reti elasticizzate.
Di norma i pezzi vanno conservati a temperatura di cantina (12/16 °C), con una umidità di circa il 60 %, cambiando spesso l'aria, ma senza esporre i pezzi a corrente d'aria continua diretta.
Dopo 45/60 giorni i pezzi sono abbastanza maturi (meglio controllare la durezza stringendo il pezzo tra le dita), per poter essere mangiati, o conservati in un sacchetto sottovuoto. La tradizione voleva che fossero pronti per la mattina di Pasqua, dove venivano usati per il primo taglio per la classica colazione tradizionale: Lombetto e salami nuovi, ciaccia (torta) al formaggio, uova sode benedette nel giorno delle Palme, e spesso si aveva arrosto di anatra o d'oca avanzato dalla sera prima, freddo.

Capocollo o scalmarita.
Non conosco persone che usino la versione sott'olio.
La versione conservata a salume è identica a quella del lombetto, ma qui non si usa arancia, di norma.
Il pezzo è notevolmente più grande del lombo, e necessita di tempi decisamente più lunghi per la sua asciugatura

sabato 14 febbraio 2015

Castagnole

Le Castagnole. Un dolce abbastanza comune in tutta Italia, composto da un panetto dolce lievitato chimicamente e fritto, cosparso poi di Alchermes con zucchero, o miele fuso. Chi le fa a sfera, chi schiacciate, chi fritte e chi al forno, chi le lascia cosi, chi le riempie con creme. Mille e mille ricette per farli, tutti strabuonissime, ma in alta Valle del Tevere sono un pomo della discordia senza fine.
Spiego.
Il dolce di per sé, è un impasto profumato, che fritto diventa come in foto.






In vallata invece i mastri pasticceri son riusciti a fare una vera bomba. Una castagnola che è grande più o meno come un avocado, morbida, e quasi vuota dentro. Tutti, ogni singola famiglia ha la sua ricetta, in vero tutte più o meno simili, ma nonostante tutti millantano di riuscire a copiare le pasticcerie con la "bomba" gonfia, nessuno in pratica riesce a copiarla.
Ogni periodo di carnevale è una rincorsa alla nuova ricetta, ed è tutto uno spadellare feroce pur di raggiungere il risultato. Io ancora non sono riuscito a trovare uno solo che riesca ad imitare le "bombe" in tutto e per tutto.
Detto questo, tra le mie numerossime prove, ho raggiunto due risultati che son veramente ottimi, anche se somigliano alla castagnola classica, ma son ben lontane dalla "bomba" dell'Alta Valle Tiberina. Ve le propongo.

Note:

  1. qualunque ricetta seguiate, tenete presente un dato di fatto imprescindibile e uguale per tutte: l'impasto dovrà sempre essere morbidissimo, al limite del quasi liquido, tanto che bisogna bagnarsi le mani di olio per non rimanerci incollati. Quando preparerete gli impasti, controllate sempre questo aspetto. Se l'impasto dovesse promettere durezza, provvedete eventualmente ad aggiungere del liquido onde lasciarlo morbidissimo.
  2. lo zucchero nell'impasto. Vero che molte ricette tendono a dare circa 80 gr ogni 500 gr di farina, rendendo le castagnole molto dolci, ma questo mette in difficoltà chi non ha mano e tende a fare le castagnole troppo grosse. Lo zucchero, quando viene fritto, tende a caramellare, quindi esternamente diventa subito marroncino, e fa credere che siano cotte, quindi le togliamo dall'olio. Purtroppo invece all'interno sono ancora crude o quasi. Dato che i condimenti sono particolarmente dolci, io preferisco stare a grammature quasi dimezzate, tanto il tutto sarà dolce lo stesso. Fate le vostre prove, quindi aumenterete o diminuirete secondo i propri gusti e risultati
  3. quando son presenti nelle ricette uova e liquori, questi ultimi vanno sempre aggiunti quasi all'ultimo, per evitare la cottura delle uova da parte dell'alcool


Ricetta con lievito chimico (tipo Pan degli Angeli)


  1. 500 gr di farina 00
  2. 5 uova medie
  3. 40 grammi di zucchero
  4. 60 gr di olio (arachidi) (alcuni sostituiscono con burro o latte)
  5. la buccia grattugiata di un limone (o una fialetta di aroma)
  6. 50/60 gr di mistrà o rum
  7. 1 bustina di vanillina
  8. una bustina di lievito chimico da 1/2 kg
Ricetta con lievito madre o di birra.

  1. 500 gr di farina Manitoba
  2. 3 uova medie
  3. 40 grammi di zucchero
  4. 60 gr di olio di arachidi
  5. la buccia grattugiata di un limone (o una filetta di aroma)
  6. 50/60 gr di mistrà o rum
  7. 1 bustina di vanillina
  8. un cubetto (25 gr) di lievito di birra (o lievito madre) sciolto in 100 gr di acqua tiepida
Sbattere le uova con lo zucchero molto bene e a lungo. (Aggiungere il lievito di birra sciolto in 100 gr di acqua tiepida, o il lievito chimico, secondo ricetta seguita)
aggiungere la vanillina e la buccia del limone.
Aggiungere pian piano la farina fino circa la metà impastando molto bene (ottima una planetaria con la foglia)
Stemperate il liquore in un po di farina, che aggiungerete pian piano all'impasto assieme all'olio di arachide (o latte o burro fuso)

L'impasto dovrà essere estremamente omogeneo, ben amalgamato. Lavorare a lungo.

Lievito chimico: lasciate riposare pochissimo, diciamo il tempo di scaldare l'olio di frittura.
Lievito di birra: mettere l'impasto su contenitore capiente e mettetelo in forno a lievitare con la lampadina accesa per non meno di un'ora. Tempi più lungi sono caldamente consigliati, Tempi minori no.

Preparate ora una grossa padella a bordi alti, o una casseruola larga. Mettete una buona quantità di olio da frittura, e portatela a 180° C (fate la prova della pallina d'impasto per vedere quando è pronto. Gettando la pallina nell'olio, questa deve tornare subito a galla friggendo. Abbassate il gas e cominciate a cuocere.)

Qualunque sia l'impasto, bagnate le dita delle mani con dell'olio, prendete un pezzo d'impasto tagliandolo, grandezza di un uovo, schiacciatelo leggermente, e tiratelo da due lati. Ora gettate in padella, e giratelo frequentemente. Appena è dorato e smette di friggere, scolarlo e poi sistematelo in una teglia.
La versione con lievito chimico di norma da un consistenza tipo cornetto da bar, quella con lievito di birra, forma dei buchi di belle dimensioni, e risulta estremamente morbido al morso.
Una volta raffreddate potete condirle il mille modi diversi. Quelli in uso da me sono:
- miele fuso cosparso sopra
- alchermes gocciolato sopra con spolverata di zucchero semolato
- bagnarle con alchermes, spolverare  poco zucchero, aggiungere un filo di miele (no, non sono goloso)



Nota a margine. Se un giorno scoprirò la ricetta delle bombe, sarà mia premura scrivere la nuova ricetta.

Buon appetito

domenica 8 febbraio 2015

Ciambelle di San Giuseppe

Carnevale. Quale momento migliore per darsi un po da fare e aggiungere un po di dolce e sfizioso in famiglia?
Oggi vi propongo le mie ciambelle, comunemente chiamate di San Giuseppe. In giro troverete decine di versioni diverse, tutte magnifiche. Io posto due versioni, normale e gigante, che cambiano nel modo di lievitare il tutto. Inoltre apporto una piccola modifica suggerita dal mio cuoco di fiducia, Alvaro (per chi lo conosce), che tempo fa mi ha suggerito un piccolo segreto: se vuoi un dolce morbido, per la parte grassa non usare latte o burro. Il latte ha pochissimo grasso, il burro indurisce il dolce. Usa in sostituzione dell'olio di semi, il migliore è quello di arachide.

A voi la ricetta. Nota: i quantitativi indicati servono per circa 40 ciambelle, potete ovviamente variarli secondo necessità. Sappiate che con questa ricetta, le ciambelle rimangono morbide e gustose per diversi giorni, e non c'è pericolo che avanzino. Diventano come le ciliegie: una tira l'altra.

INGREDIENTI
  1. 250 g di patate lessate in acqua salata
  2. 250 g di farina (preferibilmente manitoba)
  3. 2/3 uova (dipende dalla grandezza)
  4. 25 grammi di lievito di birra 
  5. 20/30 gr di zucchero
  6. 40 gr di olio di arachide.
Sapori da aggiungere a piacimento (anche tutti)
  1. una bustina di vanillina
  2. un limone grattugiato (o una fialetta di aroma limone)
  3. un arancio grattugiato (o una fialetta di aroma arancio)

Sciogliere il lievito nell'acqua. Aggiungere le uova sbattute, lo zucchero.
Aggiungere i sapori scelti tra quelli proposti.
Aggiungere le patate ben passate e la farina. A metà amalgama aggiungere l'olio.

VERSIONE CIAMBELLA PICCOLA



Versare l'impasto in una grossissima teglia (aumenterà di volume di molte volte), o in più teglie. Metterlo a lievitare al caldo, tipo nel forno chiuso con la lampadina accesa. Lasciare per 30/60 minuti minimo. Più attendete più risulteranno morbide.
Finita la lievitazione spargete un po di farina sulla superficie (servirà per maneggiare meglio la pasta). Prendetene una parte, stendetela a mano su una spianatoia, altezza media 1-1,5 cm. Con due bicchieri (uno diametro 10 cm, l'altro circa 5), fate le ciambelle. Se non avete i bicchieri di dimensioni adeguate, potete fare delle specie di grossi grissini, e poi tagliare dei pezzi e aggiuntarli dandogli la forma circolare. Togliete di mezzo la pasta avanzata, che reimpasterete leggermente per le successive, e con l'aiuto di una spatola spostate le ciambelle su un lato della spianatoia e copritele con un canovaccio. Finita la preparazione delle ciambelle, preparate una padella profonda con olio da frittura, e portatelo a 180° circa.
(la prova per vedere se l'olio è al punto giusto si può fare prendendo una piccola pallina di impasto e gettatelo in padella. Quando questo viene subito a galla friggendo, siete a temperatura giusta. Abbassate il gas al minimo e procedete)
Prelevate le ciambelle dalla spianatoia con la spatola, e mettetele in padella. Girate abbastanza spesso fino all'indorimento. (Nota: lo zucchero immesso nell'impasto tende a caramellare all'esterno e fa "bruciare" la superficie esterna. Dato che le ciambelle sono iperzuccherate, meno se ne usa, meno si brucia la ciambella, meno rischiate che al suo interno rimanga cruda).
Scolate su della carta le ciambelle cotte, e quasi subito, immergetele in una ciotola dove avrete messo dello zucchero semolato. Rigiratele per cospargerle tutte, e mettetele a freddare in una teglia pulita.

VERSIONE CIAMBELLA GIGANTE



Una volta preparato l'impasto, create sin da subito le ciambelle, e stendetele sulla spianatoia, lasciando molto spazio tra le stesse. Copritele abbondantemente e tenetele in ambiente caldo. Le ciambelle lieviteranno già in forma, diventando gigantesche. Nulla cambia nelle sequenza di frittura successiva.