mercoledì 18 marzo 2015

Ciaccia con i ciccioli

Questa è una torta salata povera, presente sicuramente in tutte le regioni del centro Italia, forse anche in altre. Prende il nome di torta, ciaccia, pizza, con i ciccioli, sfrizzoli, cicoli... infiniti nomi per indicare solo un prodotto residuale della lavorazione del maiale, ma con un gusto e un sapore da mille e una notte.

La storia

Nei tempi antichi, dove come ora del maiale non si butta nulla, era uso lavorare le parti grasse e il lardo avanzato da altre lavorazioni. Questo perchè una volta i maiali erano "veri", venivano portati su molto di peso, e avevano grasso in quantità. Oggi che il mercato sta portando avanti specie genetiche sempre più magre, per ottenere i ciccioli bisogna usare metodi alternativi.
In pratica lardo e altre parti grasse, a secondo della regione di lavorazione, venivano tagliati a fettine più o meno sottili, o macinato. Poi venivano messi un pentoloni, spesso assieme a delle foglie di alloro, e venivano scaldati fino alla fusione del grasso. La parte fusa, che prende il nome di strutto,  veniva raccolta dentro le vesciche del maiale, e fatto raffreddare, per essere consumato successivamente e veniva usato per friggere o per preparare pizze, dolci etc.
La parte residuale, composta dal magro e dalle fibre del lardo, veniva poi raccolto dentro un panno grosso, nella norma di lino, che veniva arrotolato e strizzato con due bastoni legati tra loro. In pratica del grasso originale rimaneva veramente nulla. Questi venivano poi leggermente salati, e lasciati asciugare per poi essere mangiati tal quali, o associati ad altre lavorazioni, tipo questa che vado a illustrare.

Oggi

Oggi non è molto facile trovare i ciccioli, ma è semplice preparali. Prendete una pezza di pancetta, macinatela (all'uso umbro), oppure fatela a fettine, secondo l'uso toscano, o molisano, e seguite la procedura detta sopra. Lo strutto potrete raccoglierlo in un barattolo da marmellata.

Nota culinaria

Lo strutto è il miglior grasso in assoluto per friggere. Ogni porzione può essere usata anche per una decina di fritture senza doverlo cambiare, come succede con gli oli di oliva o di semi. Mantiene prefettamente la temperatura di frittura, non brucia, non puzza. Le nostre nonne dopo la frittura, lasciavano depositare gli eventuali residui dei cibi fritti, facendo raffreddare per qualche minuto,  e poi lo rimettevano nel barattolo o tazza per gli usi successivi.

La ciaccia

Esistono diverse ricette per prepararla, e la cosa che varia davvero tra di loro, è il tipo di lievito. Alcuni usano il bicarbonato, altri il lievito di birra.
La mia versione:

  1. 500 grammi di farina manitoba
  2. 200/220 grammi di acqua tiepida
  3. 10/15 grammi di zucchero
  4. 50/60 grammi di strutto
  5. un cubetto di lievito di birra
  6. 200 grammi di ciccioli leggermente salati
Mettete nell'impastatrice la farina, lo zucchero, lo strutto a piccoli cucchiaini, e aggiungete l'acqua nella quale avrete disciolto il lievito. Fate miscelare a lungo, per essere sicuri che lo strutto, solido, venga distribuito bene. Se preferite, potete terminare a mano la miscelazione.
Mettete il contenitore coperto nel forno con la luce accesa (questo darà la giusta temperatura di lievitazione). Lasciate lievitare per almeno due ore.

Togliete il contenitore, aggiungete i ciccioli e rimpastate. Spargete un velo di farina sulla superficie, per aiutarvi a stenderla, e mettetela sulla teglia di cottura dove avrete posto un foglio di carta da forno. Stendetela bene su tutta la teglia. Con un coltello fate delle incisioni formando dei quadrati da circa 5x5 cm. Copritela e rimettetela in forno per almeno un'ora.
Toglietela dal forno lasciandola coperta con un canovaccio, e accendete il forno portandolo a 180°. Appena pronto infornate per circa 20/30 minuti. Se volte dargli un bel colore, quando siete quasi a cottura, toglietela dal forno, e con un pennello bagnate leggermente la superficie d'olio di oliva. Rimettete in forno fino a fine cottura. Servitela possibilmente calda, o riscaldatela velocemente prima del consumo.
Questa modalità vi darà un'altrezza di fine cottura di circa 1,5 cm, per una teglia da 40 x 40 circa (la classica teglia da forno). Se la volete più alta, invertite i tempi di lievitazione, o allagate la seconda fase.





domenica 1 marzo 2015

Penne al cognac

Un piatto di cui non conosco le origini, ma è molto in voga in zona.

Ingredienti (4 persone):
  1. una cipolla media (come una piccola mela)
  2. due salsicce umbra fresca
  3. 200 gr panna
  4. un barattolino di passata di pomodoro (200 gr circa)
  5. 1/2 bicchiere di cognac
  6. mezze penne (considerare 65 gr a testa)
  7. peperoncino

Mentre mettete a lessare la pasta (consigliate le mezze penne), in una padella capace di contenere anche la pasta cotta, mettete in filo d'olio.
Tagliate delle cipolle (fantastiche con le rosse), a fettine e poi a cubetti, e soffriggetele.
Quando sono a metà cottura, aggiungete le salsicce sbriciolate con una forchetta, e private della pelle.
Mettere, se piace e volete una nota particolare, del peperoncino, in polvere o sbriciolato.
Finite la cottura girando molto spesso, di salsicce e cipolla.
Abbassate il gas, e aggiungere il mezzo bicchiere di cognac, e lasciarlo per uno due minuti (non deve asciugare).
Aggiungere il barattolino di passata di pomodoro, miscelate e lasciate cuocere per qualche minuto.
A questo punto aggiungete la panna, miscelate, lasciate che scaldi un po, e poi aggiungete la pasta che nel frattempo si sarà cotta. Miscelare il tutto e servire ben caldo.

Prosciutto

Una premessa. Qui parliamo del prosciutto tradizionale Umbro, nulla a che vedere con le versioni dolci del nord.

Il prosciutto, dopo il salame, la bestia nera e la sfida di tutti quelli che fanno norcineria, salumi fatti in casa.

Il prosciutto, cosi come la spalla, ha dei tempi e delle caratteristiche tutte sue. Molto variabili sono anche le concie che si mettono in atto.
Vediamo alcuni dati di base.
Prima di tutto il pezzo. Contrariamente ad altre regioni, qui togliamo quasi tutta la cotica dell'interno coscia/spalla. Lasciamo solo la parte posteriore e laterale.
Poi i locali.Necessitano assolutamente locali che rimangano freschi tutto l'anno, soprattutto se le nostre intenzioni sono di cimentarsi con grosse pezzature, perchè un prosciutto sui 25 kg necessita anche di un anno e mezzo o più di stagionatura. Cambia ovviamente se si prendono prosciutti sui 10/15 kg, idem per le spalle.
Preparazione. Mentre la spalla ha pochi problemi, il prosciutto ha un neo nascosto, che si chiama arteria femorale. Questa percorre tutto il prosciutto dalla noce (parte terminale del femore), fino al gambuccio. Qui dentro rimane spesso, quasi sempre, del sangue, che se non è ben tolto, va a macerazione, rovinando tutto il prosciutto. Quindi prima di agire, è obbligatorio scolarla con la pressione di un dito, molto bene. Questa operazione può essere richiesta al macellaio da cui si compra il pezzo, onde non correre rischi e fino a quando non si impara a farlo da soli.

I miei locali sono ottimi durante l'inverno, ma diventano troppo caldi d'estate, quindi ho messo a punto una versione disossata, che permette tempi di maturazione brevissimi.
Per il prosciutto. Ci sarà sempre presente la cosiddetta anchetta, un pezzettino di bacino che viene tagliato per lasciare il prosciutto in forma tondeggiante. L'uso classico moderno è quello di lasciarla in loco, onde non creare un buco che crea infiltrazione. Nel passato questa veniva tolta, e si provvedeva a chiudere subito il buco con la sugnatura, che vederemo dopo.

Come fare la salatura.

Procurasi del sale grosso di media grandezza (spezzettare il commerciale se non lo trovate).
Massaggiate con questo la parte posteriore del prosciutto. Girarlo e mettere piccole fettine di aglio a distanza di 6/8 cm. Spolverare con del pepe macinato. Coprire massaggiando leggermente con del sale grosso. Non ne occorre moltissimo, ma nei giorni successivi va reintegrato se si scioglie e scompare. Mettere il pezzo su un piano di canne o intero, ma inclinato, per lo scolo dei liquidi di risulta. Finiti i giorni di salatura, lavare il prosciutto con del vino, e poggiarlo su un piano rigido, coprirlo con un telo o carta, metterci sopra una tavoletta, e un buon peso.
Ciò servirà a compattarlo e renderlo più fine per favorirgli l'asciugatura omogenea. Noi non abbiamo le cella di stagionatura, per cui possiamo lasciarlo tondeggiante, meglio renderlo piatto e ad altezza omogenea.
Dopo un paio di giorni è pronto.
Rifilare eventuali strabordi di carne, ricoprire di abbondante pepe, e appenderlo per il gambuccio (se necessario inserendolo nell'apposita rete antimosche).
Dopo un paio di mesi (maggio giugno), procedere son la sugnatura. Procuratevi della sogna (sugna, assunza, 'nzogna, saìmi etc etc, cioè il grasso che ricopre le reni del maiale.) Macinatelo, miscelateci del sale fino e del pepe, e tappateci i buchi che si formano all'esterno (tipo nei bordi tra grasso e magro). Basta una quantità minima, quel tot che serve a non lasciare possibili distacchi tra le carni.
Secondo la grandezza occorrerà una maturazione da sei mesi all'anno o più, finchè non risulterà sodo e profumato.

Quanto tempo lasciarlo sotto sale?
La norma generale prevede 11 giorni più un giorno aggiuntivo a kg. Mediamente 20/30 giorni sono sufficienti. Per la spalletta invece bastano sui 10/15 giorni.
Se il periodo della salatura risulta molto umido, diminuire consistentemente i giorni, dato che il sale sarà favorito alla penetrazione.

Prosciutto disossato.
Come dicevo la mia "cantina" non rimane fresca in estate quindi ho messo a punto la versione disossata, che richiede tempi molto più brevi. In pratica messo il prosciutto in piano, lo taglio di traverso per il lato più largo, in modo che ottengo 3 pezzi: la base, e due blocchi superiori. Due blocchi perchè in mezzo madre natura ha messo il femore, che va tolto, assieme alle altre ossa, e cioè crea forzatamente i due blocchi superiori separati.
Diversamente dal prosciutto intero, qui bastano 4/5 giorni di salatura, dato il basso spessore del pezzo, da fare con le stesse modalità.
Lavarlo ugualmente con vino, spianare se necessario, pepare, rifilare e appendere.
Pure la maturazione è diversa, mediamente in un mese, massimo due, si arriva a top. Ma nulla vieta di prolungarla secondo le vecchie usanze, per ottenere un prodotto duro a sufficienza come da tradizione.
Si perchè la tradizione umbra generale sul prosciutti, è che questo non deve risultare molle come i cugini nordici, ma bello duro e sodo, dove col tempo acquista un sapore senza uguali.